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Libri Moderni

Pavese, Cesare

Prima che il gallo canti / Cesare Pavese ; con una cronologia della vita dell'Autore e del suo tempo a cura di Antonio Pitamitz e una nota introduttiva al romanzo, un'antologia critica, una bibliografia di Marco Forti

Milano : Mondadori, 1967, rist. 1977

Gli Oscar ; 117

Abstract: «I due romanzi han tutt'e due andamento di memorie, e lo stesso tema generale: la posizione d'un intellettuale in un momento di "scelta" politica, non d'idee, che quelle son date per già scelte, ma d'azione, di presenza». Italo Calvino Il carcere e La casa in collina: i due romanzi brevi che sancirono la maturità artistica di Cesare Pavese. Scritti a distanza di dieci anni l'uno dall'altro (il primo è del '38-'39, il secondo del '47-'48), sono diversi per intensità della narrazione, ma analoghi per comunanza d'esperienza umana. Nel Carcere Pavese segue la vita di un confinato politico, Stefano, in un paesucolo del Mezzogiorno. Nella Casa in collina le vicende personali di Corrado si intrecciano inesorabilmente ai drammatici eventi storici di Torino bombardata, la resistenza operaia, i partigiani, i fascisti. Mai come in queste pagine la tormentata riflessione intellettuale di Pavese si unisce a una lucida analisi dei personaggi e dei luoghi, in un confronto serrato tra la solitudine, il ripiegamento interiore, e l'urgenza del mondo, dei fatti che accadono intorno: il tentativo, tutto pavesiano, di una conciliazione profonda e sofferta tra il mito e la storia.

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Libri Moderni

Pirandello, Luigi <1867-1936>

Uno, nessuno e centomila / Luigi Pirandello ; introduzione di Giovanni Croci ; cronologia della vita di Pirandello e dei suoi tempi e bibliografia a cura di Corrado Simioni

Milano : Mondadori, 1967

Gli Oscar ; 99

Abstract: Vitangelo Moscarda, chiamato dalla moglie Gengè, partendo dalla scoperta di avere il naso lievemente storto, si avventura in una serie di ricerche speculative che lo porteranno alla rovina. Ma si tratta davvero della rovina? La banalissima constatazione, riguardante l’altrettanto banale difetto fisico, gli provoca la consapevolezza di essere visto e giudicato dagli altri in modi molteplici e differenti, di essere visto in “centomila” prospettive diverse e inconciliabili. Progressivamente, egli è assillato dal bisogno di scoprire un’immagine obiettiva di sé. Nel tentativo di uscire da questa situazione inizia a commettere azioni impreviste, capovolgendo le convinzioni che gli altri si sono fatti sul suo conto, scopre contraddittoriamente di saper essere crudele o generoso, disinteressato o egoista, fino a comunicare la propria “pazzia” a un’amica della moglie che durante un singolare amplesso lo ferisce con un colpo di pistola. Gengè è nei guai fino al collo, ma anche questa è una “finzione” della società alla quale si oppone. In effetti egli continua le sue ricerche in un ospizio, dove finirà a vivere il resto dei suoi giorni e nel quale scoprirà, amaramente appagato, che l’uomo è immerso in un continuo flusso durante il quale muore e rivive ogni istante; l’unica immagine possibile di sé consiste nelle cose, nella natura, nell’aria che riflettono e rendono eterna la parte veramente viva di ogni creatura. Una volta giunto a essere ritenuto pazzo, Vitangelo si dichiara soddisfatto di questa conclusione che “non conclude”, accetta di rinascere «nuovo e senza ricordi: vivo e intero… in ogni cosa fuori», totalmente escluso dalla vita sociale e dalla visione comune degli uomini. L’alienazione di Moscarda consiste nella totale scomposizione dell’io, nell’impossibilità di calarsi in un qualunque tipo di ruolo, perché la realtà muta incessantemente e nulla può interromperne il flusso. Si può tranquillamente affermare che in questo romanzo la filosofia pirandelliana trovi totale compimento e si dispieghi al massimo delle sue potenzialità. Il protagonista dell’ultimo romanzo del narratore siciliano assorbe in sé e supera tutti i personaggi presenti nei romanzi e nelle novelle dello scrittore. Non a caso il testo recupera materiali che erano andati via via accumulandosi nel corso degli anni sulla scrivania dello scrittore. L’opera è considerata un riepilogo di tutta l’attività, narrativa e teatrale di Pirandello, qualcosa di compiuto nella forma e incompiuto nella sostanza. Il romanzo «più amaro di tutti, profondamente umoristico, di scomposizione della vita» (così afferma l’autore in una lettera autobiografica) mette in scena il personaggio più “smontato” e più carico di autoconsapevolezza del mondo pirandelliano, fortemente desideroso di tornare alla freschezza dell’impressione immediata. Anche l’andamento stilistico appare involuto e franto, organizzato in un monologo ricco di interrogazioni ed esclamazioni, proprio per affermare l’impossibilità di una conoscenza organica e coerente della persona e del mondo stesso.

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Libri Moderni

Silone, Ignazio

Vino e pane / Ignazio Silone

Milano : Mondadori, 1969

Gli Oscar ; 204

Abstract: Il protagonista di "Pane e vino" di Ignazio Silone è Pietro Spina, un intellettuale comunista, che, stanco del soggiorno in terra straniera, in cui è stato costretto a emigrare, per motivi politici, ritorna in Italia, spinto dalla nostalgia della patria. Arriva nella Marsica, gravemente malato di tisi e viene riparato in un fienile da un compaesano. Eì curato da un ex compagno di liceo, ma non può fermarsi lì per lo stato di salute e per la vigilanza delle forze dell’ordine, lanciate alla sua ricerca. L’amico trova per lui un travestimento da prete e un nuovo rifugio in un borgo montano, col pretesto di trascorrervi un periodo di convalescenza e di riposo, come don Paolo Spada. Il viaggio incalesse, durante il quale attraversa attraversa il suo paese natale, si interrompe per un pernottamento nella locanda del Girasole, dove ha la ventura di essere chiamato al capezzale di una giovane donna morente. Lo Spina, raggiunge Pietrasecca e qui comincia la sua nuova vita, una vita difficile anche per il disagio procuratogli dalla veste che indossa. L’osteria , dove prende alloggio, è il luogo d’osservazione di Pietro, che studia i paesani, al fine di poter introdurre fra loro la propaganda rivoluzionaria. Egli si accorge presto di urtare contro l’ignoranza, la superstizione e l’egoismo dei cafoni. Un secondo personaggio è infatti la società contadina immatura, che è rassegnata nella propria miseria e nell'ingiustizia, come una legge fatale che grava sempre sull'esistenza dei cafoni e accoglie l'ideale di Pietro, come un "sogno", bello, ma sempre un sogno. Ci sono poi, i giovani intellettuali, gli studenti, e fra questi Pietro ha meno difficoltà a farsi capire, ma i loro entusiasmi sono superficiali. Due incontri lo confortano: quello con la figlia di un possidente decaduto, che decide di entrare in convento e con un frate umile, che condivide con lui la speranza nella realizzazione del Regno di Dio. Nell’intento di riprendere l’attività clandestina con esito migliore, Pietro scende a Fossa, dove la società era più varia, ma prima vuole ristabilire un contatto con i compagni di partito, si tratta del Partito Comunista Ialiano, a Roma, senza piegarsi a nessun compromesso che il partito gli chiede.Questo suo dissenso gli procura però l’espulsione. Rientra in Abruzzo, senza essere riuscito a trovare a Roma un compaesano, da lui cercato, col quale avrebbe voluto accordarsi per un’azione comune fra i Marsicani, Pietro subisce, però, una nuova delusione perchè la propaganda fascista e la povertà della gente congiurarono insieme per disporre le masse ad accogliere con entusiasmo la dichiarazione di guerra all’Etiopia. Dalla prostrazione fisica e morale in cui cade, lo risollevano una sua amica, presunta miracolata, l’incontro con il suo ex professore di Liceo e con il giovane studente invano cercato a Roma. All’annuncio dell’arresto di lui, don Paolo scende a Rocca dei Marsi e lungo la strada viene a sapere che il giovane &egra?e; morto per i maltrattamenti fascisti. In casa del giovane incontra la sua fidanzata e rivede la giovane miracolata, che lo avvisa, che la polizia ha scoperto la sua era identità e lo esorta a fuggire al più presto. Il finto prete si precipita allora subito a Pietrasecca, per distruggere le carte che potevano indiziarlo e si congeda dalla figlia del possidente decaduto, consegnandole un quaderno dipensieri dedicati a lei. La lettura sconvolge la ragazza e la induce a seguire, senza indugio, Pietro in fuga lungo i sentieri della montagna, coperti di neve. Il libro si chiude sulla tragica fine della ragazza, aggredita da un branco di lupi in mezzo alla furia della tormenta. Un elemento importante nel romanzo è l'autobiografismo. Pietro Spina è simile a Silone, il quale di fatto non lascia l'esilio in terra straniera se non alla caduta del fascismo, ma immagina di ritornare nella Marsica per sollevare i cafoni e rovesciare la dittatura. Per lo scrittore è molto importante la religione nella dimensione terrestre e il segno cristiano è incancellabile. La figura del socialista, inoltre, nei suoi contenuti religiosi e messianici non si differenzia molto da quella del sacerdote.

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Palazzeschi, Aldo

Sorelle Materassi / Aldo Palazzeschi

Milano : Mondadori, 1990

Oscar classici moderni ; 26

Abstract: Protagoniste sono Carolina e Teresa Materassi, due anziane sorelle ricamatrici, simili “alle agavi indistruttibili e incapaci di crescere, decrepite e bambine”. Nella grigia esistenza delle due zitelle, dedite al lavoro in compagnia della terza sorella Giselda e della serva Niobe - ” Le due ricamatrici non si movevano mai dal loro arsenale intorno al quale, a rispettosa e rispettiva distanza, si moveva tutto il resto come le stelle intorno al sole” - piomba ad un tratto il nipote Remo, rimasto orfano di madre (la defunta quarta sorella Materassi). La giovinezza, la bellezza e la disinvoltura del ragazzo spingono le zie a piegarsi ai suoi comandi, cambiando vita e bruciando in poco tempo i risparmi accumulati in anni di duro lavoro. Abbandonate dal nipote, ridotte alla miseria, le tre donne non cessano tuttavia di adorare Remo, accontentandosi di ricevere qualche cartolina e accettando anche Peggy, modernissima ragazza americana che egli ha sposato.

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Silone, Ignazio

Il segreto di Luca / Ignazio Silone

Milano : Mondadori, 1993

Oscar classici moderni - Oscar Guide

Abstract: Storia di Luca, ergastolano innocente, e di Andrea Cipriani che, trascurando i doveri della sua carriera politica, cerca di capire le ragioni della condanna che ha straziato la vita di un uomo. Il racconto sofferto di una ingiustizia sopportata in silenzio.

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Pavese, Cesare

Il compagno / Cesare Pavese ; con una cronologia della vita dell'autore e del suo tempo, un'antologia critica, una bibliografia a cura di Antonio Pitamitz e una nota introduttiva al romanzo di Marco Forti.

Milano : Mondadori, 1966

Gli Oscar ; 75

Abstract: E' la storia di un giovane torinese, Pablo, che passa il suo tempo tra un'osteria e l'altra, suonando la chitarra. Da qui nascono gli incontri che egli fa con donne e uomini; ma la vicenda prende ben presto la sua strada, che si snoda attorno al rapporto con Linda, la ragazza di Amelio, il quale durante un viaggio in motocicletta ha un incidente e resta paralizzato (come nel racconto Fedeltà, scritto nel '38). La figura di Amelio compare in primo piano all'inizio, poi sembra lasciata ad un destino ormai privo di senso. Ma ecco che Amelio diventa il punto di riferimento di tutta la storia: egli svolgeva un'attività politica ben precisa, a cui Pablo non pensava e dalla quale poi Linda, che gli si è fatta amica, vorrebbe tenerlo distante. L'ambiente è quello popolare e proletario delle borgate torinesi. Ad un certo punto, infatti, s'inserisce nella vicenda un amico di Linda, Lubrani, impresario teatrale, che fa conoscere a Pablo qualche attore e gli fa scoprire la vita notturna del dopo teatro. Pablo continua a tirare avanti la propria vita senza uno scopo preciso, pur tentando di uscirne: fa il camionista, cerca in qualche modo di trovare quel senso, soprattutto per poter vivere con Linda. Nella seconda parte, Pavese sposta la vicenda a Roma, dove Pablo si trasferisce dopo la rottura con Linda. Si fa nuovi amici, ha una nuova donna che ha ereditato dal marito, morto, un negozio da ciclista. Ma soprattutto Pablo si accosta alla politica. Il romanzo cambia subito tono: dalla descrizione dell'ambiente torinese, si passa alla cospirazione politica nella periferia romana. Però per Pavese l'ambiente torinese era più importante dell'ambiente della capitale dove ha inserito la tematica principale del libro in modo che la prima parte risulta più importante della seconda parte romana. Al capoluogo piemontese era chiaramente più legato e, per esso, sentiva un interesse ben preciso, mentre per Roma, l'esposizione dei fatti risulta solo molto descrittiva. Leggendo Il compagno si resta tuttavia colpiti per come Pavese sia riuscito a raccontare la cospirazioni[...]

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Libri Moderni

Pirandello, Luigi <1867-1936>

Il fu Mattia Pascal / Luigi Pirandello ; introduzione di Giovanni Croci ; Cronologia della vita di Pirandello e dei suoi tempi e bibliografia a cura di Corrado Simioni

ed. 17

Milano : Mondadori, 1985

Gli Oscar ; 31

Abstract: Il protagonista, Mattia Pascal, si trova costretto a ricostruirsi un’identità perché, in seguito alla sua presunta morte, deve crearsi un personaggio tutto nuovo inventandogli un passato e perciò si trova a vivere in una situazione alquanto strana. Un uomo e due vite. La prima parte del romanzo e' molto narrativa; infatti racconta della sua gioventù trascorsa nell'ozio e nell'agiatezza più sfrenata senza curarsi minimamente della sua situazione finanziaria, poiché sua madre aveva preso la decisione di far amministrare tutto il patrimonio lasciatole dal marito, morto in seguito ad un naufragio, ad un certo Malagna, che si era offerto volontariamente di aiutare la vedova Pascal nella gestione del patrimonio, ma che in realtà aveva come unico fine quello di frodare la famiglia e di speculare sull'eredità. Mattia Pascal narra delle sue prime avventure amorose, dapprima con Oliva, da cui avrà un figlio, ma che non sposerà mai, perché già fidanzata con il Malagna, ed in seguito con Romilda Pescatore, la ragazza che inizialmente Mattia voleva far fidanzare col suo amico Pomino, ma che poi sposerà in seguito ad un fidanzamento e da cui avrà due figli che moriranno pochi mesi dopo. Questo matrimonio non fu altro che la rovina sia economica sia psicologica di Mattia, perché causo' una serie di disagi, grazie soprattutto alla suocera, la ved. Pescatore, (che era contraria al matrimonio tra i due) che lo condurranno al punto di fuggire da casa. Dovette abbandonare il posto di bibliotecario fattogli assegnare dal padre di Pomino, che gli aveva dato modo di guadagnarsi da vivere. Infatti Pascal era un classico incompetente neanche tanto istruito e perciò era molto difficoltoso per lui trovare un lavoro, soprattutto per i problemi finanziari in cui si trovava. Dopo la sua scomparsa, si reco' a Montecarlo dove la fortuna l’assisti' e gli fece vincere al casino' oltre ottantamila lire, ma nel frattempo vicino al canale all'interno del suo podere della Stia venne trovato il cadavere di un uomo che gli somigliava perfettamente e che tutti identificarono come Mattia Pascal. Mentre tornava a casa, sul treno, mentre leggeva un giornale, trova il necrologio con scritto il suo nome e questo fatto sconvolge radicalmente la sua esistenza. Infatti dapprima decide di rientrare a Miragno, la sua città, per smentire la notizia, ma poi si rende conto che non e' il caso di tornare a casa per farsi defraudare dai suoi creditori e tornare alla monotona vita di sempre, perciò prende la decisione di cambiare vita. E' proprio quest’evento la scintilla che fa nascere, o forse emergere, il suo desiderio di libertà suprema che lo farà vivere per oltre due anni viaggiando senza meta, costretto ad inventarsi una nuova identità e una nuova vita per paura di ridar vita ad una persona ormai creduta morta. Infatti nel costruire il personaggio di Adriano Meis deve tener conto di tanti particolari in modo da non destare alcun sospetto riguardo la sua vera identità. Dopo aver viaggiato per molte città decide di stabilirsi a Roma dove trova alloggio in casa del Sig. Anselmo Paleari, un anziano borghese squattrinato ormai solo accecato dalla fissazione dell'occulto e dal mondo della magia. In casa vive anche un’ex pianista, la signorina Caporale, zitella ossessionata dalla sua bruttezza e dalla mancanza di un uomo. Il Paleari tiene in casa con se la figlia Adriana che accudisce alla casa e si prende cura sia della caporale che di Adriano Meis, soprattutto nel periodo della convalescenza. Infatti Mattia Pascal era strabico per via della cateratta e fu questo un particolare che gli fece pensare di cancellare definitivamente la sua vecchia personalità facendosi operare e cambiando cosi' il suo aspetto che non gli era mai piaciuto. Col passare dei mesi il protagonista s’innamora di Adriana e giunge fino quasi al punto di decidere di sposarla, ma una serie di problemi alla fine gli fanno cambiare idea in modo del tutto inaspettato. Infatti Adriano non avrebbe mai potuto sposarla perché in realtà era un altro, Mattia Pascal, che era a sua volta sposato con Romilda Pescatore. Tuttavia, in seguito ad un furto operato dal fratello del Paleari, Adriano Meis decide di tornare a Miragno per riprendersi la sua vera identità che aveva perso non a causa della sua presunta morte, ma solamente per sua volontà. Il cambio di identità gli ha creato molti problemi: nel caso in cui avesse avuto bisogno di enti pubblici, lui risultava essere morto. Si è reso conto che solo Romilda e la madre si sono liberate di lui e non il contrario, perché si sente in prigione e non può entrare in relazioni strette di amicizia con nessuno per non svelare la sua vera identità. Lascia quindi un biglietto d’addio su un ponte firmato Adriano Meis, in modo da far credere di essersi suicidato; il giorno seguente i giornali annunciarono la morte di Adriano Meis. Prima di giungere al suo paese passa a trovare il fratello Berto, che alla vista rimane esterrefatto. E' proprio qui che viene a conoscenza del matrimonio di Romilda con Pomino e perciò decide di rovinare tutto riprendendosi sua moglie. Tornato a Miragno e giunto in casa di Pomino trova addirittura una bambina, figlia dei due coniugi ed e' questa la ragione per cui Mattia infine decide di non riprendersi Romilda. Lo sgomento che suscita la ricomparsa di Mattia e' notevole tanto da mettere in agitazione Pomino, Romilda e la vedova Pescatore, che non lo sopportava. Nonostante la lunga litigata con questi, Mattia decide alla fine di riprendersi la sua vera identità, ma di non rovinare il matrimonio dei due e perciò si reca a farsi riconoscere dai concittadini, in particolar modo da don Eligio, e va a vivere insieme alla zia Scolastica. La frase conclusiva del libro: "Io sono il fu Mattia Pascal" significa che è ritornato ad essere ciò che era

Via Duomo 247
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Libri Moderni

Tocchi, Amalia

Via Duomo 247 : romanzo / Amalia Tocchi ; prefazione di Francesco D'Episcopo ; postfazione di Annamaria Ruffa

Napoli : Eurocomp 2000, copyr. 2002

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Libri Moderni

Fogazzaro, Antonio

Malombra / Antonio Fogazzaro

Milano : Garzanti, 1973

I Garzanti. I grandi libri ; 23

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Libri Moderni

Fogazzaro, Antonio

Malombra / Antonio Fogazzaro ; con una cronologia della vita dell'Autore e dei suoi tempi, una introduzione, una antologia critica e una bibliografia a cura di Anna Maria Moroni

Milano : Mondadori, 1971

Gli Oscar ; 22

Abstract: .L'oggetto di Malombra è il male: l'attrazione che esso esercita, l'istinto di morte, il "cupio dissolvi", il gorgo, l'abisso in cui la coscienza si annulla, la fatalità, il destino inteso cattolicamente come negazione o insufficienza della grazia. È il problema del male; ma un problema che non ha soluzione: alla maniera stessa che "I Malavoglia" sono il problema del dolore." (dall'introduzione di Luigi Baldacci)

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Vittorini, Elio

Uomini e no / Elio Vittorini

Milano : Mondadori, 2016

Oscar classici moderni

Abstract: Il romanzo è ambientato nell’inverno del 1944 a Milano, città invasa e controllata dai tedeschicontro i quali lottano per la Resistenza numerosi partigiani. Il protagonista, Enne 2, è uno di loro. Quest’ultimo entra in scena per la prima volta quando riconosce una sua amica, Berta, nei pressi di Porta Venezia. I due si conoscono da molto tempo e tra loro è nato un amore che si può dire impossibile poiché lei è già sposata e ha dovuto allontanarsi da Milano a causa della guerra. Si dirigono insieme verso la sua casa quando s’imbattono in un gruppo di soldati e dovendo così cambiare strada si rifugiano in casa di Selva, un’anziana signora che aiuta i partigiani offrendo loro rifugio. Partigiani che, avendo intenzione di uccidere i generali nemici, programmano minuziosamente le loro azioni affinché ogni cosa riesca perfettamente. La mentalità di queste persone era, infatti, quella di non arrendersi mai pur sapendo che avrebbero potuto morire. A suddetta mentalità è contrapposta quella nazista che mira a rappresaglie dirette perlopiù contro persone innocenti. Un episodio rilevante è la reazione di Cane Nero, gerarca nazista, che dopo un attacco al tribunale, dove si stavano decidendo delle fucilazioni, dà in pasto ai suoi cani un malato senza colpe. Nel frattempo Enne 2 e Berta si rivedono ancora due volte ma lei infrange il sogno d’amore del protagonista, dicendogli che la loro relazione sarebbe impossibile. Enne 2 entra così in una crisi esistenziale che lo porta a riflettere sulla guerra, sui suoi compagni caduti e sulla natura della malvagità umana. Egli viene localizzato dai nemici, ma si rifiuta di fuggire e aspetta il loro arrivo per affrontare e uccidere in un ultimo duello Cane Nero, compiendo così fino in fondo il suo compito. Dopo la sua morte le azioni partigiane continuano e la guerra volge al termine, così il suo sacrificio non è stato vano e il fine ultimo è stato raggiunto

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Vittorini, Elio

Il garofano rosso / Elio Vittorini

Milano : Mondadori, 1966

Gli Oscar ; 71

Abstract: Trama: Il garofano rosso è un romanzo incentrato sulla figura di Alessio, un sedicenne siciliano che frequenta il liceo classico insieme al suo migliore amico Tarquinio. I due amici alloggiano nella stessa pensione e condividono una nascente passione politica per il fascismo nelle sue prime manifestazioni: siamo infatti nel 1924. Nella “Cava”, una tipografia dove i due amici, insieme con altri, s’incontrano spesso a discutere, si condividono gli interessi politici, le avventure amorose e si esaltano figure come Rosa Luxemburg. Ben presto Alessio si accorge di essersi innamorato di una studentessa, che frequenta il suo stesso liceo, diciottenne di nome Giovanna, più grande di lui. I due si scambiano un solo bacio e lei dona al ragazzo come simbolo amoroso un garofano rosso. Ma il giorno dopo un'amica di Giovanna si fa ambasciatrice di un suo messaggio: niente di più potrà esserci tra i due, perché Alessio è troppo giovane, mentre lei ha già diciotto anni. Al ragazzo, perciò, non resta che un sogno d'amore idealizzato.

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Verga, Giovanni <1840-1922> - Verga, Giovanni

I Malavoglia / Giovanni Verga ; riduzione e commento a cura di Gorizio Viti

Firenze : Le Monnier, 1986

Salani narrativa. I classici per la gioventù

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Verga, Giovanni <1840-1922>

I Malavoglia / Giovanni Verga ; con la cronologia della vita di Verga e dei suoi tempi, un'introduzione all'opera, una bibliografia e un'antologia critica a cura di Corrado Simioni

Milano : Mondadori, 1965, rist. 1978

Gli Oscar ; 13

Abstract: Il romanzo narra le vicende della famiglia Toscano, detta i Malavoglia, che abita il piccolo paese di Acitrezza da diverse generazioni. Il nucleo familiare di tipo patriarcale è composto, prima dal nonno, Padron ‘Ntoni, poi dal figlio Bastianazzo e dalla moglie Maruzza, detta la Longa ed infine dai nipoti: ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi e Lia. Le uniche ricchezze della famiglia sono, la “casa del nespolo” , da loro abitata, e la barca chiamata “Provvidenza”, unica fonte di reddito ....

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Bachtin, Michail

Estetica e romanzo / Michail Bachtin ; a cura di Clara Strada Janovic

Torino : Einaudi, 1979

Einaudi Paperbacks ; 107

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Verga, Giovanni <1840-1922>

Mastro-Don Gesualdo / Giovanni Verga ; con la cronologia della vita di Verga e dei suoi tempi, un'introduzione all'opera, una bibliografia e un'antologia critica a cura di Corrado Simioni

Milano : Mondadori, 1966, rist. 1973

Gli Oscar ; 59

Abstract: Trama "Mastro Don Gesualdo" è diviso in quattro parti ed ha come centro Vizzini nella Sicilia borbonica degli anni venti prima dell'unità d'Italia. Il racconto inizia all'alba del giorno di San Giovanni, santo patrono di Vizzini, quando le campane svegliano gli abitanti del paesello per accorrere al palazzo dei Trao, in fiamme. Tutto il Paese accorre per spegnere l'incendio e anche per spettegolare sui Trao, ma in quel trambusto don Diego scopre la sorella Bianca in camera con il cugino Ninì, se si venisse a sapere sarebbe uno scandalo, ma il fatto passa Inosservato tra i paesani intenti a spegnere il fuoco capitanati dall'operoso Gesualdo che fa quanto gli è possibile per evitare che succeda qualcosa alla sua roba. Il giorno successivo don Diego si reca dalla cugina Rubiera, madre di Ninì, chiedendo un matrimonio riparatore tra i due, ma la ricca e operosa cugina va su tutte le furie, suo figlio dovrà mettere la testa e sposare una donna ricca e d'alto rango, in quanto a Bianca non sarà difficile trovarle un11 gennaio 2000 marito adeguato. E così grazie all'aiuto del canonico Lupi, gia compagno d'affari meno santi con la baronessa si decide di maritare Ninì con Fifì Margarone e Bianca con don Gesualdo. Il primo matrimonio non andrà in porto, mentre il secondo si, anche se Bianca accetta di sposare Gesualdo solo per riparare al danno commesso con Ninì. Ma Gesualdo è un brav'uomo, sempre pronto con i suoi soldi ad aiutare perenti ed amici, e pensa che Bianca, anche senza dote è pur sempre una nobile: lei metterà il nome e lui la ricchezza. Infatti quando nascerà una figlia prematura (frutto infatti degli amori prematrimoniali di Bianca), verrà chiamata Trao Motta Isabella. Il padre vuole che lei sia una vera signora, e la manda in collegio, ma lei lo delude innamorandosi con un cugino poeta e spiantato: Corrado La Gurna. La relazione è duramente ostacolata da Gesualdo che così facendo si fa odiare anche dalla figlia che però poi finisce per cedere, accondiscendendo al padre e accettando di sposare, con l'aiuto del marchese Limolì un attempato nobile, Alvaro Filippo Maria Gargantas de Leyra, andando a vivere nella sua casa. Con la partenza di Isabella iniziano i guai di don Gesualdo: infatti il genero non fa altro che attingere alle sue casse, parenti, amici e vicini si accaniscono contro di lui infangando il suo nome e le sue ricchezze e Bianca muore consumata dalla tisi e dal dolore della lontananza della figlia. Gesualdo rimane solo, tormentato dai dolori allo stomaco causatigli dal cancro e anche i più quotati medici non sanno che fare per lui. A questo il genero che lo detesta con tutto il cuore decide di trascinarlo nella sua casa di Palermo per guadagnarne l'eredità e promettendogli le cure dei migliori medici. Non c'è però nessuna speranza per il vecchio leone che morirà roso dal cancro in una casa non sua Trascorrendo le ultime ore della vita in compagnia solo di un servo che lo sbeffeggerà. Nemmeno dopo la sua morte qualcuno avrà delle belle parole da destinargli

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Silone, Ignazio

Fontamara / Ignazio Silone

Milano : Mondadori, 1988

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Abstract: Fontamara, pubblicata a Zurigo, in tedesco, nel 1933, è una delle più clamorose opere di questo secolo. Il romanzo di Ignazio Silone, conosciuto in tutto il mondo, è ignorato in patria per vent’anni. Narra la storia di un paese della Marsica, scelto come simbolo dell’universo contadino. Nel libro vi è la lotta di Silone contro l’ingiustizia e gli abusi del potere istituzionale, fra i "cafoni" e i borghesi e la sua funzione è sia di denuncia per l’oppressione e i soprusi subiti dai contadini abruzzesi, sia di auspicio per la formazione di una coscienza sociale senza rassegnazioni. Nel racconto, le catastrofi naturali e le ingiustizie diventano così antiche da sembrare un’eredità dei padri e della terra. Ogni trasformazione tecnologica e sociale del mondo, oltre il confine di quei monti, viene vista dai "cafoni" di Silone come uno spettacolo da osservare. Fontamara diventa la storia corale degli emarginati, visti nel momento in cui rifiutano la fissità della loro condizione ed entrano in conflitto con la "società degli integrati", ossia quella fascista. Il portavoce di questa nuova coscienza è il "cafone" Berardo Viola, trascinato nella lotta, per raggiungere la fratellanza evangelica. La sua morte è il sacrificio necessario per propagare la fede e la giustizia che i Fontamaresi raccolgono per chiedersi insieme "che fare?". Silone nell’introdurre il romanzo dice che racconterà strani fatti che si svolsero nel corso di un’estate a Fontamara. Fontamara somiglia a ogni villaggio meridionale,che sia un po’ fuori mano, fuori dalle vie del traffico, quindi un po’ più arretrato e misero degli altri. Silone ha però dato questo nome a un antico luogo di contadini poveri situato nella Marsica, a settentrione del lago di Fucino, nell’interno di una valle. Allo stesso modo, i contadini poveri, i cafoni, si somigliano in tutti i paesi del mondo, eppure non si sono ancora visti due poveri in tutto identici. A Fontamara prima veniva la semina, poi l’insolfatura, poi la mietitura e poi la vendemmia e nessuno avrebbe mai pensato che quell’antico modo di vivere potesse cambiare. La scala sociale non conosce a Fontamara che due pioli: la condizione dei cafoni e, un pochino più su, quella dei piccoli proprietari. I più fortunati tra i cafoni di Fontamara possiedono un asino o a volte un mulo. Arrivati all’autunno, dopo aver pagato i debiti dell’anno precedente, essi devono cercare in prestito cibo per non morire di fame nell’inverno. L’opera racconta che, nel giugno dell’anno precedente a quello della pubblicazione del libro, Fontamara rimase per la prima volta senza illuminazione elettrica, così avvenne nei mesi seguenti, finchè il paese si riabituò al regime del chiaro di luna. I vecchi di Fontamara sapevano che la luce elettrica e le sigarette erano novità che erano state portate dai piemontesi, e che, poco dopo, gli stessi piemontesi si erano riprese. La luce elettrica nessuno infatti la pagava, poiché mancava il denaro e il cursore comunale non si era neppure presentato, come ogni anno, con le fatture e gli arretrati, fogli che i Fontamaresi usavano per usi domestici. L’ultima volta, che il cursore era andato a Fontamara, per poco non vi lasciava la pelle. La luce quindi in giugno venne tolta e tutto il paese si sconvolse, poiché la miseria stava per diventare sempre più nera. Intanto gli uomini si radunarono davanti alla cantina del paese e videro arrivare verso di loro un forestiero, il Cav. Pelino, con una bicicletta e pensarono che si trattasse di una nuova tassa. L’uomo spiegò che non si trattava di nuove tasse, ma servivano solo delle firme da mandare al Governo. Il Cav. Pelino cercò pretesti per discutere, ma i Fontamaresi non risposero e si burlarono di lui. Lo straniero partì con la sua bicicletta, urlando che il Governo si sarebbe occupato di loro e che presto avrebbero avuto sue notizie. I Fontamaresi, però, non fecero caso alle parole del Cav. Pelino, si diedero la buona notte e si avviarono verso casa, mentre Berardo, uno degli amici, continuò il giro del paese. Il giorno dopo, all’alba, tutta Fontamara fu in subbuglio per un malinteso. All’entrata del paese, sotto una macera di sassi, sgorgava una polla d’acqua, simile a una pozzanghera, dove i Fontamaresi avevano sempre tratto l’acqua per irrigare i campi che erano la magra ricchezza del villaggio. La mattina del 2 giugno, i cafoni scesero la collina per andare al lavoro e s’incontrarono con un gruppo di cantonieri, arrivati a Fontamara con pale e picconi per deviare l’acqua nei campi del ricco don Carlo Magna. Subito i cafoni pensarono a una burla, poiché gli abitanti del capoluogo non lasciavano mai passare le occasioni per beffarsi dei Fontamaresi. Un ragazzo tornò allora in paese ad avvertire gli altri, ma gli uomini erano al lavoro e quindi dovette chiamare le donne. Queste si radunarono e quando arrivarono dai cantonieri, questi si spaventarono e scapparono. Le donne proseguirono, poi, verso il capoluogo, dove arrivarono a metà giornata, stanche e impolverate. Intanto, davanti al municipio, le guardie cominciarono a gridare di non farle entrare, poiché avrebbero solo portato pidocchi. Queste affermazioni fecero scoppiare risate generali e burla verso le povere donne, addirittura anche la fontana del paese si burlò di loro e appena si avvicinavano questa smetteva di far scorrere acqua. I carabinieri le accompagnarono poi a casa del Podestà appena eletto: era l’impresario che era arrivato nel paese da poco e si era impadronito di ogni affare importante. Arrivati alla villa, la moglie del podestà disse che suo marito era sul cantiere con gli operai e quindi le donne si diressero là. Ma, arrivate al cantiere, non lo trovarono e allora decisero di andare da Don Carlo Magna, ma seppero che le sue terre erano anche state acquistate dall’impresario. Camminarono molto e giunsero di nuovo davanti alla casa dell’impresario, dove vi era in corso un ricevimento per la nuova nomina a Podestà e chiesero di essere ascoltate circa l’acqua del ruscello. Dopo varie discussioni il segretario del comune decise che tre quarti dell’acqua dovessero andare ai Fontamaresi e i rimanenti tre quarti all’impresario. Nei giorni seguenti i cantonieri ripresero i lavori, mentre nessuno riusciva a capire che proporzione potesse essere quella dei tre quarti e tre quarti. Questa disputa valse l’onore della visita di Don Abbacchio, il canonico di Fontamara. Arrivò su una biga tirata da un bel cavallo, che apparteneva all’impresario, e quindi i Fontamaresi capirono che anche il canonico si stava burlando di loro. Al tempo dell’irrigazione mancavano ancora molte settimane, ma le zuffe e le discussioni per l’acqua erano già iniziate. Intanto arrivò la decisione di Berardo Viola, cafone rimasto senza terra, di partire e far fortuna in America, poiché ormai si riteneva tradito da tutti. L’unico a incoraggiarlo a partire era Don Circostanza, antico curato del paese, che pensava che se l’uomo fosse rimasto a Fontamara, sarebbe stato arrestato. Il giorno della partenza arrivò, ma, a causa di una nuova legge, fu sospesa tutta l’emigrazione e così Berardo rimase a Fontamara come un cane sciolto e sofferente. Berardo voleva la terra a tutti i costi, gli spettava di diritto come cafone, ma fu destinato a non averne mai. L’uomo doveva anche sposarsi, ma, non potendo partire, non osava presentarsi alla fidanzata. Trovò lavoro da bracciante fuori da Fontamara e faticava parecchio, ma un bel giorno Berardo dovette tornare a Fontamara poiché era stata istituita una nuova tessera per andare a Roma, di cui era sprovvisto, poiché era a pagamento. L’amarezza di Fontamara aumentò con l’arrivo di Innocenzo La Legge che assicurò che non si trattava di una nuova tassa, ma era lì per parlare del Cav. Pelino, che aveva riferito al Governo ogni discorso fatto a Fontamara la sera della sua visita. Parlò anche dei vari provvedimenti che il governo aveva assunto contro i Fontamaresi e che venivano messi in pratica dal giorno stesso. Nel paese, intanto, cominciavano le discussioni con Innocenzo La Legge da parte di Berardo e il vecchio Baldissera. Verso la fine di giugno, si sparse la voce che i rappresentanti dei cafoni della Marsica stavano per essere convocati ad Avezzano per ascoltare le decisioni del nuovo Governo di Roma sulla questione del Fucino, in quell'occasione si doveva discutere sul problema del lago nella Marsica. Una domenica mattina arrivò a Fontamara un camion che, gratis, portava i cafoni ad Avezzano ed era proprio questa mancata richiesta di pagamento che non piaceva ai Fontamaresi, sotto doveva esserci l’inganno. Salirono tutti sul camion, portando con sè lo stendardo di San Rocco, ma, a causa di questo, dovettero discutere all’entrata di Avezzano con un gruppo di giovanotti, che volevano fosse loro consegnato lo stendardo. Consegnarono la bandiera ai carabinieri e furono condotti in una grande piazza e fatti sedere in terra. Dopo un’ora di attesa, dovettero alzarsi in piedi e gridare inni ai podestà, mentre la piazza fu attraversata da un’automobile, seguita da quattro uomini in bicicletta. Poi furono fatti risedere, ma poco dopo i carabinieri annunciarono che i cafoni potevano andarsene. Berardo, non persuaso, andò davanti al portone del palazzo tutto imbandierato e volle parlare con il ministro per levarsi la curiosità di sapere cosa era successo. Ci furono molte liti con i carabinieri, intervenne infine Don Circostanza, che accompagnò tutti nel palazzo per parlare con l’impiegato del ministero, poichè il ministo era partito. Seppero che la questione del Fucino era stata risolta, "come" non si sapeva. I Fontamaresi, usciti dall'ufficio governativo, vennero ancora presi in giro dai cittadini di Avezzano, ma non ebbero più la forza di reagire e lasciarono perdere. Arrivarono a Fontamara a notte fonda e poco dopo erano di nuovo in piedi per andare a lavorare i campi. Intanto nel paese arrivarono dei camion con i militi fascisti che fecero rientrare tutte le donne, bambini e anziani in casa, portarono via tutte le armi e si scatenarono su una donna, lasciandola in terra rantolante. Poco dopo uscirono di nuovo in piazza, mentre tornarono dal lavoro gli uomini che vennero interrogati sul Governo. Nessuno diede risposte soddisfacenti , ma la fila dei camion andò via. L’indomani mattina la madre di Berardo cercò suo figlio, che la sera prima non era rincasato. Il narratore di tutta la vicenda afferma quindi di aver incontrato Berardo dietro al campanile del paese e di avergli comunicato che la madre era in pensiero per lui. Discussero quindi sul problema di Berardo di trovare terra. Decisero, inoltre, di andare a parlare con Don Circostanza, da cui erano a credito per un reimpianto di viti, per chiedergli consiglio e aiuto per trovare un’occupazione in città per il povero Berardo. L’avvocato gli promise aiuto, dopo averli ingannati con la discussione sulle nuove leggi in vigore, allo scopo di non ridare il denaro ai cafoni. Berardo, quando uscì dalla casa di Don Circostanza, tornò a sorridere per la prima volta dopo tanto tempo, credendo alle parole dell’avvocato, che era riuscito ad illuderlo. Intanto nel paese si stava facendo una colletta per poter far arrivare Don Abbacchio a Fontamara e finalmente poter celebrare la messa. Vi partecipò anche Berardo, attirato dalla notizia che, durante la messa, ci sarebbe stata la solita predica, che ormai tutti sapevano ma che riusciva sempre ad attirare tutti i cafoni a messa. Don Abbacchio però ebbe la malaugurata idea di rimproverare i cafoni per il mancato pagamento delle tasse e questo fece scatenare fra i cafoni una discussione generale, dopo di chè Don Abbacchio dovette partire. Pochi giorni dopo i cantonieri finirono di scavare il nuovo letto per il ruscello e giunse l’ora della spartizione dell’acqua fra i cafoni di Fontamara e l’impresario. Arrivarono sul posto tutte le autorità seguite dai carabinieri e e arrivarono anche i cafoni, che dovevano nominare un capo fra gli anziani, che guardasse l’operazione e riferisse agli altri. Purtroppo i Fontamaresi videro che il livello dell’acqua, che avrebbero potuto utilizzare, scendeva sempre di più e capirono che sotto vi era l’inganno. Don Circostanza, per non far scatenare i cafoni, intervenne e avanzò una proposta: l’acqua sarebbe tornata ai Fontamaresi dopo dieci lustri, ma nessuno dei cafoni poteva sapere quanti mesi o anni fossero. Alla spartizione dell’acqua era mancato Berardo e questo i Fontamaresi lo considerarono un tradimento, senza sapere che ormai l’uomo pensava solo più ad emigrare e far fortuna in America. Il figlio del narratore e Berardodecisero così di partire l’indomani. Partirono la mattina presto e Berardo era di cattivo umore. Raggiunsero Fossa per prendere il treno per Roma, ma furono raggiunti dalla notizia che uno dei cafoni di Fontamara era stato impiccato al campanile. I due partirono lo stesso con l’autorizzazione di Don Abbacchio e a Roma soggiornarono in una locanda indicata sempre dal curato. L’indomani si presentarono all’ufficio, che doveva mandarli a lavorare in bonifica, ma seppero che ci voleva una tessera speciale per poter lavorare. Pagarono dunque questa nuova "tassa" e furono iscritti presso l’ufficio di collocamento, ma questo non bastò, dovevano tornare al loro paese e portare la domanda di lavoro. Stanchi, ormai, di viaggiare avanti e indietro, si consultarono con un avvocato che era ospite presso la locanda, dove loro soggiornavano. L’avvocato chiese tutto il denaro che i due cafoni avevano con loro e inoltre spedì un telegramma a Fontamara per chiedere di mandare a Roma tutto ciò che il padre di Berardo, ormai morto da anni, potesse mandare, così gli avrebbe trovato lavoro. L’uomo, quando seppe che il padre di Berardo era morto da anni e che quindi non poteva mandargli niente, si infuriò e andò dai due cafoni. I poveri uomini, ormai senza soldi, avevano fame e stavano tutto il giorno nella loro camera della locanda a fissare il soffitto, sperando di essere chiamati a lavorare. Pochi giorni dopo, arrivò una lettera per Berardo che portava la notizia che a Fontamara gli era morto qualcuno. Furono inoltre mandati via dalla locanda e l’avvocato non li aiutò nella ricerca del lavoro, poiché da Fontamara non era arrivato niente di quanto richiesto dal telegramma da lui spedito al padre di Berardo. I due erano deboli per la fame e di tanto in tanto credevano di cadere per terra, quindi uscirono dalla locanda senza discutere. A pochi passi da lì incontrarono un giovanotto, che avevano conosciuto ad Avezzano e che offrì loro da mangiare. Intanto a Roma vi era la caccia al Solito Sconosciuto, un uomo che "metteva in pericolo l’ordine pubblico" con la fabbricazione e la diffusione della stampa clandestina, con cui denunciava gli scandali e incitava gli operai a scioperare e i cittadini a disubbidire. Dietro a lui corsero molti poliziotti, ma l’uomo era rimasto imprendibile. I militi entrarono nell’osteria dove vi erano i cafoni e controllarono i loro documenti, stavano per uscire, quando videro un pacco abbandonato in terra. I carabinieri presero allora Berardo e il figlio del narratore e li portarono in prigione. I due cafoni pensarono di essere stati scambiati per ladri e così cercarono di parlare con il commissario. Dopo alcuni giorni di attesa si costituì dicendo che il Solito Sconosciuto era lui e che il pacco trovato era suo e che conteneva stampa clandestina. A tutti sembrava strano che un cafone potesse essere i Solito Sconosciuto e così venne più volte interrogato, come avvenne per il figlio del narratore e per l’amico di Avezzano. Quest’ultimo fu liberato, mentre per i due cafoni le pene furono molto crude. Quando Berardo seppe che l’Avezzanese era uscito, decise di parlare e dire cosa gli aveva confessato il giovane, ma quando seppe dal commissario, tramite i giornali, che Elvira, la sua fidanzata, era morta, decise di non parlare più. Nella notte Berardo fu ucciso nella sua cella, ma i poliziotti dissero all’amico che si era ucciso, impiccandosi. I carabinieri dopo avergli fatto firmare numerosi fogli, lasciarono libero il figlio del narratore che tornò a Fontamara. Intanto i cafoni avevano gièà appreso le ultime notizie dal Solito Sconosciuto, l’unica che continuava a fare domande e a disperarsi fu la mamma di Berardo. I Fontamaresi decisero di scrivere allora un giornale con gli appunti lasciati dallo Solito Sconosciuto e fu intitolato "Che fare?". Bisognava trovare chi andasse a distribuirlo nel paese e anche al di fuori di Fontamara e questo compito fu dato all’autore ed a altri cafoni, che partirono presto e raggiunsero i vari paesi indicati, ma mentre si apprestavano a ritornare a Fontamara udirono degli spari. Era la guerra a Fontamara, chi aveva potuto era scappato, gli altri erano morti, da come raccontava un fontamarese incontrato per strada. Il narratore, il figlio e i pochi cafoni con loro si salvarono nascondendosi nei campi. Non ebbero più notizie di nessuno, nè del paese, loro vissero all’estero grazie all’aiuto del Solito Sconosciuto, ma non poterono restarci. Dopo tante pene, lutti, ingiustizie, odio, i cafoni superstiti si chiedono sempre "Che fare?". La storia dei fontamaresi vuol essere la denuncia dolorosa e forte di una miseria e di un sopruso sofferti dai poveri cafoni marsicani e in genere dai meridionali sottoil fascismo . Di questo movimento è evidenziato l'aspetto violento e beffardo, che sfrutta abbondantemente per estendersi e radicarsi . Dal racconto esce l'immagine di un'umanità primitiva e rozza ma capace di virtù eroiche. Vi è anche l'aspetto religioso della vicenda: nel saper ritrovare la coerenza con se stessi e nell'aprirsi alla realtà degli altri. L'ambiente, la Marsica, è sempre presente, come un quadro amaro, ritratto in linee dure, che è parte integrante della vita dei fontamaresi. Un tema importante di questo romanzo è l'ironia, con cui Silone esprime la contrapposizione tra l'ingenuità dei cafoni e la falsità degli altri, la paura di essere presi in giro da parte dei primi e l'intenzione di ingannare da parte dei secondi. Si sottolinea, anche, l'enormità dei provvedimenti che arrivano dall'alto, che assumono l'aspetto di beffe.

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Libri Moderni

Pavese, Cesare

La bella estate / Cesare Pavese ; con una cronologia della vita dell'autore e del suo tempo, un'antologia critica, una bibliografia a cura di Antonio Pitamitz ; e una nota introduttiva all'opera di Roberto Cantini

Milano : Mondadori, 1976

Gli Oscar ; 28

Abstract: È la storia di Ginia e, più in generale, della scoperta della vita da parte di un'adolescente. Dall'ambiente operaio al quale appartiene, Ginia entra in contatto con alcuni esponenti di una bohème pseudo-artistica e intellettuale: studenti, eccentrici perdigiorno e pittori dilettanti, che si incontrano nei caffè e abitano nelle soffitte. La ragazza si innamora di Guido, un pittore di origine contadina e, dopo aver vinto le resistenze interiori e i rimorsi residui, si lascia alla fine sedurre. È l'inizio della sua dolorosa maturazione come donna.

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Libri Moderni

Pratolini, Vasco

1 / Vasco Pratolini

Abstract: Siamo negli anni in cui, all’indomani del delitto Matteotti, imperversa la repressione fascista. Arriva così in via del Corno la Notte dell’Apocalisse, quando Maciste, gigante buono, comunista per scelta di”cuore”, trova la morte per mano dei fascisti, dopo una corsa disperata nel deserto della città per salvare da un'imboscata alcuni esponenti dell'apparato clandestino. È questo l'evento drammatico che imprime una svolta profonda alla vita della strada, al destino dei vari personaggi: alle consuete gelosie, rivalità, ripicche, si assommano adesso la paura, la diffidenza reciproca, il palese o segreto ricatto; e poiché sono i giovani, soprattutto, ad uscirne cambiati, nel "sentimento" che hanno di sé e di ciò che li attende, nascono fra loro amori nuovi, o se ne rompono di antichi. E ad un certo punto nessuno, giovane o vecchio che sia, riuscirà a mantenersi davvero neutrale: alcuni proseguiranno l'opera di Maciste, pagandone variamente lo scotto, altri s’iscriveranno al fascio, altri ancora, i più, opteranno per un’ostinata, “muta protesta”, “l'unica forse” che i tempi permettono.