Rete Bibliotecaria Scuole della Lombardia

Abstract: “Wendingen” richiama alla mente una sensazione tattile: quella che si prova sfogliando i fascicoli quadrati della rivista che scelse come testata questa parola olandese: “wendingen”, letteralmente “rivolgimento”. I suoi fascicoli erano legati alla giapponese, stampati da una parte sola su fogli di carta ripiegati in modo da offrire ai lettori il piacere di tenere in mano un oggetto morbido; che si apriva agevolmente, appena irrigidito da una copertina che scorreva davanti e dietro, dinamicamente percorsa da un’unica immagine quasi sempre stampata in litografia e dotata di un impatto visivo memorabile. Non capita spesso, ormai, di avere per le mani numeri di riviste che siano come "opere d'arte", dotati di una identità inconfondibile e di una propria bellezza; e non capitava spesso nemmeno all’epoca di “Wendingen”, che inizia la sua vita dopo la I Guerra Mondiale, in un periodo difficile per tutta l'Europa, e si spegne all'inizio degli Anni Trenta, quando ormai sta per trionfare l'International Style. Insieme a “Hobby Horse”, "Ver Sacrum”, “Pan”, “Wendingen” incarna gli ideali di una bellezza basata su un nuovo equilibrio tra pensiero e senso e per un simile programma la qualità estetica della rivista appare una necessità, un banco di prova. “Wendingen” racconta la storia di una utopia e la cronaca di una sconfitta. Confrontata con la rivista “De Stijl”, nata un anno prima e finita un anno dopo, che ha tenuto a battesimo l'ascetismo moderno, “Wendingen” sembra proiettata verso il passato e ancora legata ai furori della modernità eclettica prevalsi all'alba del secolo nuovo. In quanto sostenitrice di una cultura che si sviluppa sulle radici della tradizione, in cui possono riemergere come in un magma incandescente i frammenti della memoria collettiva, “Wendingen” ci appare oggi, attuale e piena di indicazioni stimolanti.